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“Perché mi sono innamorata/o di te?!”
Vi è mai capitato di pensare: “Ma che coppia improbabile! Chissà cosa li ha fatti innamorare!” oppure “Lo/la amo ma perché?? E’ pieno/a di difetti…!” oppure ancora “Ma perché mi sono innamorata/o proprio di lui/lei?”
Rispondere a tali domande non è affatto semplice ma con questo articolo si vuol cercare di fare almeno un po’ di chiarezza su alcuni meccanismi/dinamiche esistenti…
Iniziamo facendo una premessa, forse un pochino complessa ma doverosa prima di addentrarci nella dinamica di coppia: i comportamenti attuali di una persona vanno letti come metafore relazionali, cioè come segnali indiretti di bisogni e coinvolgimenti emotivi del passato, che vanno a concretizzarsi in relazioni presenti. Ognuno di noi ha interiorizzato un modello di relazione, che non è altro che la risultante dell’elaborazione di eventi oggettivi ed esperienze soggettive: sono dunque le rappresentazioni mentali degli eventi interattivi ripetitivi che assicurano la continuità dei modelli di relazione.
Secondo punto (ed ecco che entriamo nella coppia in senso stretto): la persona di cui ci innamoriamo non è mai casuale.
Lo stare in coppia è caratterizzato da un’alternanza tra gioco e inganno, un intreccio tra la possibilità di sperimentarsi e di mantenere la vecchia identità (collusione): il partner viene visto come una possibilità di crescita perché molto spesso sa fare, rapportandosi con gli altri, qualcosa che noi non sappiamo fare. Dunque nella nostra testa si alimenta l’idea per cui anche noi potremmo accedere a quella competenza relazionale che l’altro sembra possedere così bene…
L’attrazione verso l’altro (e non parliamo ovviamente di mera attrazione fisica), per scendere più nello specifico del tema di coppia, è data da un mix di fattori, in particolare analizzeremo ora tre fattori su cui si basa l’assetto collusivo di una coppia:
- funzione: caratteristica della persona, parte che dunque è stata stimolata negli anni, è una competenza appresa negli anni per far fronte alle richieste del sistema familiare in cui siamo cresciuti;
- bisogno: necessità che si sviluppa rispetto a carenze e insoddisfazioni vissute nella famiglia d’origine;
- paura: timori che una persona ha rispetto al cambiamento dell’immagine di sé.
Una persona viene colpita dalle caratteristiche dell’altro (funzione), percepito ad un livello inconsapevole come colui/colei competente a trattare il proprio bisogno irrisolto. Entra poi in gioco la paura, che, modulando l’articolazione tra gioco e inganno, permette o meno la riappropriazione delle proprie parti proiettate nell’altro.
Facciamo un esempio per riportare le suddette parole alla quotidianità: prendiamo un uomo, Andrea, cresciuto orfano di padre e con una madre che lo trascurava perché molto impegnata professionalmente… Andrea sarà stato un bambino cresciuto, necessariamente, in modo autonomo e autosufficiente.
Andrea incontra Sara, che cerca sempre rapporti di dipendenza e proviene da una famiglia dove l’invischiamento è elevato. Andrea è attratto da Sara perché renderebbe possibile quel bisogno da sempre negato, ovvero quello di venir accudito, ma allo stesso tempo è minaccioso perché mina la sua autonomia, quel “vestito” che negli anni “si è cucito addosso”. Se Andrea riuscisse a superare gradualmente questa paura, potrebbe permettersi di lasciarsi accudire e Sara soddisfare il suo bisogno di dipendenza.
Può succedere però che le aspettative che avevamo riposto nel partner vengano deluse: ad esempio se il partner si rivela non capace di fare ciò che noi non sapevamo fare o se la specializzazione delle funzioni è rigida, non permettendo dunque una crescita, un’evoluzione.
Prendiamo sempre Sara e Andrea: Sara è attratta dall’indipendenza di Andrea rispetto alla propria famiglia d’origine e vede in Andrea colui che può aiutarla nel “tagliare” con la propria famiglia d’origine. Ma se Andrea appare così autonomo in realtà non è perché lo è davvero ma perché si è sentito rifiutato e autonomo è dovuto diventarlo… Motivo per cui può succedere che Andrea si faccia “adottare” dai suoceri, entrando in quella famiglia inglobante da cui Sara voleva uscire.
Se il legame che si è instaurato deve la sua forza principalmente ai contenuti problematici delle relazioni precedenti, non evolve: scomparendo il suo contenuto problematico infatti verrebbe meno anche la sua ragion d’essere. Separarsi dai rapporti passati significa dunque correre anche il rischio di vedere svuotata di significato la relazione attuale. E’ solo accettando tale rischio che la relazione può evolvere, trasformandosi in un legame più maturo e libero da vincoli di dipendenza provenienti dal passato.
Bibliografia
- Andolfi, M. (1999), La crisi della coppia, Raffaello Cortina Editore.
- Mazzei D., (2002), La mediazione familiare, Raffello Cortina Editore.