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Inside Out
La scorsa settimana, la mia compagna e io abbiamo deciso di prenderci un po’ di tempo per noi e abbiamo deciso di andare al cinema dato che era tanto tempo che non ci andavamo…
Ovviamente, giusto per staccare dalle nostre professioni di psicoterapeuti, non potevamo che scegliere come film: “Inside Out”.
La storia è semplice perché parla del trasferimento dal Minnesota a San Francisco di una bambina, Riley di undici anni e dei suoi genitori e come questa famiglia cerchi di adattarsi alla nuova vita.
Il debutto a scuola e il camion del trasloco perduto nel Texas, mettono a dura prova le loro emozioni, perché la cosa che rende il film straordinario, a mio onesto dire, è come questa bambina possa vivere emotivamente tali eventi e come, interiormente, le sue emozioni possano a questi stimoli ambientali.
Inside Out mostra i protagonisti della vicenda: la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura e il disgusto, emozioni che guidano le decisioni e sono alla base dell’interazione sociale di Riley, che alla sua età deve affrontare sfide e cambiamenti.
L’avventura del film e la sua bellezza e profondità sta all’interno di Riley, in cui incontriamo la memoria, il subconscio, il pensiero astratto e la produzione onirica di una bambina che sta imparando a compensare la propria emotività e ad assestarsi in una città altra.
Il film mostra quale possa essere il difficile lavoro degli psicologi, perché nel film viene mostrato come possa funzionare la testa di una bambina, come si organizza la sua esperienza infantile intorno a centri di interesse (la famiglia, l’amicizia, l’hockey, etc) e come si possano accendere i flussi di pensieri sferici che hanno tutti i colori delle emozioni. Ciò che accende e smuove nel mondo reale Riley sono proprio le sue emozioni interiori che agitandosi tra conscio e inconscio sviluppano le sue competenze e la equipaggiano per condurla a uno stadio successivo dell’esistenza. Nel proseguo del film alcuni ricordi resistono irriducibili, altri svaniscono risucchiati da un’aspirapolvere solerte nel fare il cambio delle stagioni della vita e spazio al nuovo.
Nel film, partecipiamo alle vocalizzazioni affettive indotte dalle diverse emozioni, in particolare di Joy e Sadness che, finalmente congiunte, invitano Riley a comunicare la tristezza. Perché la tristezza è talvolta necessaria al superamento dell’ostacolo e alla costruzione di sé.
Come è facilmente intuibile, ciascun personaggio che rappresenta un’emozione è stato creato attraverso consulti con psicologi e realizzato con uno specifico aspetto. Gioia ha le sembianze di una stella, Tristezza ricorda una lacrima, Rabbia è un vivido fuoco, Paura assomiglia a un nervo e Disgusto a un broccolo, attraverso questi e altri espedienti, i creatori mettono in scena le emozioni, danno modo al pubblico di comprendere come agiscono in noi, e quanto loro siano importanti.
Questo film aiuta bambini e genitori a comprendere come le emozioni guidano ogni giorno le nostre azioni, e a conoscere meglio i propri stati d’animo e aggiungerei a mio avviso quanto uno psicologo/psicoterapeuta possa tornare utile in questo “groviglio di emozioni”. Film psico-educativo certamente non da poco, in cui si evidenzia il legame “emozioni-azione” che è di estrema rilevanza, quello che pensiamo è il risultato di come ci sentiamo emotivamente e di come agiamo.
In maniera semplice ed efficace viene posta l’attenzione sull’importanza delle emozioni nella percezione del mondo, nei ricordi, nella personalità. Le emozioni rivestono un ruolo cruciale nel meccanismo di percezione e organizzazione delle informazioni, e quindi dei ricordi. Non a caso, molti studi mostrano come le emozioni riescano a modellare come noi percepiamo il mondo e come noi agiamo in esso.
Viene quindi espresso come attraverso un cambiamento tutta la nostra vita può cambiare. E il modo in cui lo affrontiamo segna non solo il nostro futuro ma anche i ricordi del passato. Un semplice evento può dettare un cambiamento enorme nella nostra esistenza e nel nostro modo di vedere e di porci…
Tutti i giorni facciamo valutazioni rispetto a ciò che ci accade, e rispondiamo in modo selettivo a seconda delle valutazioni fatte: pericolo, ricompensa. A seconda di come viene valutato l’ambiente differenziamo un’emozione. Per cui non solo l’ambiente influenza le emozioni, ma anche come noi valutiamo ciò che accade. Il rapporto tra emozioni e azione è bidirezionale e s’influenzano a vicenda. Come valutiamo un evento genera l’emozione, che influenza il modo in cui rispondiamo, che a sua volta riesce a modificare la persona e la situazione.
E’ anche interessante osservare, in un’ottica di genere, come ogni persona del film ospiti al suo interno le stesse emozioni primarie, anche se ciascuna persona è “prevalentemente coordinata” da un’emozione piuttosto che da un’altra: Riley da Joy, mentre la madre di Riley dall’equivalente di Tristezza mentre il padre, dall’equivalente di Rabbia… Che sia un caso? Sicuramente non è un caso che tutte le persone abbiano le stesse emozioni primarie, ma è forse un caso che Riley sia “prevalentemente” guidata da Joy, la madre da Tristezza e il padre dalla Rabbia? Non penso… Sento di avanzare l’ipotesi che i genitori rappresentati nel film, vogliano evocare lo stereotipo di genitori, in cui per esempio un padre è preso dal lavoro e dalle telefonate a esso connesse e che per quanto riesca a impegnarsi nel rapporto con la figlia, forse anche lui, un po’ scombussolato dal trasferimento, l’unica cosa che riesce a fare nei momenti di difficoltà è lanciare “mano pesante” (termine che anche questo lasciare molto pensare): mandando in castigo la figlia in camera sua, per aver risposto male.
Questo mio “focus” è ovviamente marginale rispetto alla bellezza del film, ma è esemplificativo dell’immaginario maschile generalizzato che dilaga tra le persone e a cui senza forse neanche rendercene conto aspiriamo, anche se in realtà non desideriamo… Quante volte abbiamo detto: “non sarò mai come mio padre e poi…”.
Detto questo il film è da vedere e da rivedere perché ogni volta offre di cogliere aspetti nuovi degli esseri umani, più in generale, e nello specifico dell’essere anche maschi!